Antonio Panaccione: Luigi Rossetti – biografia, giornalismo e pensiero politico
(Estratto integrale dal testo omonimo appena pubblicato)
- Lui e la strana emigrazione del periodo 1820-1835
La chiusura dolorosa dei moti napoletani del 1820, seguita da quei piemontesi del 1821, da quelli in Romagna e negli Stati della Chiesa del 1831-34 provocarono una nuova emigrazione coatta e politica dall’Italia, quella degli esuli che espatriavano per non andare in prigione o essere condannati a morte. Moltissimi furono quelli che scelsero il Sudamerica e tra questi primi, Zambeccari, Rossetti e Cuneo, poi Garibaldi. Erano uomini colti, spesso aristocratici, scrittori, pensatori, giornalisti, pittori, scienziati, botanici, esploratori, quasi tutti grandi intellettuali a livello mondiale e uomini che sapevano bene quello che facevano e volevano dalla vita. Viaggiavano con libri sotto il braccio, penne e diari sempre pronti per l’uso, con mente e occhi aperti al nuovo: erano avidi romantici di cultura e portatori dei sogni nuovi o inevasi di libertà e uguaglianza nati dalla Rivoluzione Francese. Mentre fino al 1830 però gli interventi e gli impegni di grandi intellettuali liberali stranieri in Brasile furono sporadici e personali, quindi perdenti, come quello del medico italiano Libero Badarò[1], nel 1835 invece gli italiani fanno squadra, sono uniti, compatti, organizzati e vincenti, perché guidati e coordinati da due mazziniani DOC: Rossetti in Brasile e Cuneo in Uruguay. Essi agiscono e fanno accordi di alta politica estera, come fossero emissari del nuovo e futuro Stato italiano. Inoltre “al contrario di Badarò, il nucleo mazziniano manteneva uno stretto legame con l’Italia e la sua azione politica fu caratterizzata dalla preminenza data alle lotte per l’indipendenza italiana, come dimostra il giornale fondato a Rio de Janeiro nell’aprile del 1836 e denominato proprio la Giovine Italia”[2].
Rossetti, come Garibaldi, Cuneo, Zambeccari, Anzani e altri, era uno di loro; e una volta stabilizzati in Sudamerica, prima si organizzarono e unirono in una Congrega Mazziniana e poi contattarono e fecero accordi con i nuovi amici esuli argentini, uruguaiani e altri stranieri cimentandosi in azioni e gesta storiche. Le loro bellissime vittorie finali e le libertà conseguite dai rispettivi popoli e paesi, col tempo avrebbero contribuito alla nascita dei partiti politici e dei movimenti popolari e culturali del ventesimo secolo, cioè al sorgere delle idee progressiste e di sinistra che tuttora sono un segno tangibile del loro indelebile apporto. Codesta pattuglia iniziale costituì una piccola e agguerrita emigrazione politica, alla quale successivamente e un pò alla volta, si aggiunsero anche altri importanti personaggi: studiosi, scienziati e intellettuali richiamati dalle nobili gesta delle nuove idee democratiche e di libertà universale. Tra tutti quei personaggi che scelsero di andare in Sudamerica, alcuni vi rimasero per sempre, sia per iniziale necessità (come ad esempio quella di Antonio Raimondi in Perù, grande scopritore scientifico e padre della Moderna Geografia Peruviana), altri per libera scelta, come il caso dello storico napoletano Pietro De Angelis in Argentina. Questi singolari casi sono solo due dei tantissimi altri esempi possibili che testimoniano e confermano che la massiccia e secolare emigrazione italiana nel mondo non era costituita (come si vuol far spesso pensare o credere), solo da milioni di poveri diseredati, braccianti, contadini e analfabeti, ma anche da uomini colti, professionisti di stimato valore accademico internazionale. Costoro, una volta conosciuti i nuovi paesi, che consideravano le loro terre promesse, e apprese le loro lingue, s’inserivano immediatamente nei nuovi contesti culturali e sociali, approfondendo i loro interessi scientifici e professionali, lì mettevano su famiglia e si fermavano, realizzando i loro grandi progetti. Si ricorda, altresì, che prima di questa “emigrazione colta, ma politica”, vi era già stata un’altra piccola pattuglia di illustri e dotti italiani, navigatori, geografi, etnografi e naturalisti che si erano avventurati in tutte le americhe, durante i secoli XVII e XVIII, come ad esempio i Capassi, Zani, Raddi, Spinosa e Cavalcanti in Brasile[3]. Tantissimi di loro, lì sono morti, amati, integrati e qualche volta anche senza alcun grande riconoscimento postumo. Tutti poi fecero scuola e sono passati alla vasta storia dell’italianità nel mondo, a dimostrazione del grandissimo senso di adattabilità e pacificità degli italiani. Dimostrarono ancora una volta la facilità di ambientamento, la disponibilità al nuovo, l’universalità e duttilità culturale degli italiani a integrarsi pienamente nei più diversi paesi di adozione, sin da diventare poi esempi unici e illuminanti di padri fondatori delle nuove patrie. Su quest’argomento ancora tutto da studiare e approfondire, da qualche anno abbiamo iniziato un lavoro di rilevazione più ampio e mirato in Argentina, Perù, Uruguay e Brasile, dal titolo “Pagine di Storia” che, nel limite del possibile, metteremo a disposizione degli studiosi tramite le pagine internet e le pubblicazioni del Centro Studi Internazionale ITA.L.I. (Italianistica e Lingua Italiana nel mondo: www.italianlang.org).
- Una breve vita in grande:
- Giovane esule dall’Italia
Luigi Carlo Rossetti nacque a Genova l’11 maggio del 1800[4], in via Rue de l’Arc n. 8. Era il quarto maschio di sei figli, di cui le ultime due sorelle. Non sappiamo nulla della sua infanzia e adolescenza, ma a vent’anni (il 2 ottobre 1820), viene iscritto e dichiarato abile al servizio di leva con il numero d’ordine 981 e d’estrazione 937. Lui non voleva servire il Regno di Sardegna, si sentiva italiano con la “I maiuscola” e come Mazzini e Garibaldi, già giovanissimo e convinto patriota, formatosi sui valori romantici e universali della Rivoluzione Francese e quelli politici del filosofo Lamennais, sognava in grande e voleva cambiare il mondo. I genitori pensavano di incamminarlo per gli studi universitari e la vita ecclesiastica, ma lui già da studente universitario nella Facoltà di Legge a Genova, fondò il primo giornale “La Voce del Popolo” e partecipò ai primi moti carbonari cospiratori di Napoli (1820) e Torino (1821), andati male e finiti con la sua condanna a morte. Così l’avventura umana diventava una sua necessità e su questa sconosciuta situazione l’ipotesi ancora più avvalorata rimane quella di Salvatore Candido che pensa a un Rossetti vagabondo, errante e solitario per il Sudamerica alla ricerca di qualcosa in più della semplice fuga politica dall’Italia per la condanna a morte inflittagli per i fatti rivoluzionari del 1820-21. Infatti, come ci dirà lo stesso Rossetti nella lettera XXX a Cuneo, cominciò a scappare di qua e di là, soggiornando e nascondendosi prima in Sicilia (Palermo), dove viveva una sorella, ma poi dovette emigrare all’estero, fuggendo prima in Francia, forse passando in Inghilterra e rifugiandosi infine in Brasile nel 1827. Purtroppo di questo suo periodo giovanile in Italia e in Europa non abbiamo trovato molto altro, tranne un riscontro del passaggio di suo zio Gabriele[5] tra gli esuli mazziniani di Londra[6]. Quasi tutto quello che si sa di Luigi Rossetti quindi si riferisce esclusivamente alla sua seconda giovinezza, cioè ai tredici anni di ininterrotta permanenza in Sudamerica, dal suo arrivo del 1827 fino al giorno della cruenta morte del 23 notte o alba del 24 novembre 1840. Quello che finalmente siamo riusciti a portare alla prova dei fatti è la certezza della sua identità, della data di nascita, dello stato familiare e della composizione dello stesso nucleo che, confrontati con i dati oggettivi relativi alla sua lettera all’amico Castellini, in cui chiede di aiutare la sorella in Sicilia, ci permettono di confermare tutti i dati personali di lui e della famiglia. Luigi Carlo (questo era il secondo nome, mai usato in Sudamerica, dove era conosciuto come Luis o Luiz) proveniva da una famiglia numerosa residente a Genova[7], e sulla quale bisognerà approfondire meglio le ricerche, forse anche al sud Italia dove dimorava la sorella (in Sicilia) e proveniva il padre (Puglia). Men che mai abbiamo dati certi sui suoi fatti personali e amori in Italia e sudamericani, le passioni e/o le altre attività personali che esulavano dalla fattiva partecipazione alla rivoluzione e alle battaglie a tempo pieno per il giornalismo, le idee mazziniane e repubblicane. Sappiamo che tutti i suoi archivi sono andati persi, rubati o distrutti, e le sue lettere ci confermano più volte, che finita la vera storia d’amore della sua vita, probabilmente in Italia, condivise con l’amico Cuneo in Uruguay la passione amorevole per una stessa donna, l’amore per una certa Nina (appare spesso con la sigla Signorina N), forse non ricambiato, apparentemente impossibile, cosa che spesso faceva soffrire e ingelosire sia lui che l’amico Cuneo (“anche se qualche volta i loro rapporti diventavano più febbrili e passionali per l’intervento di una donna che sembra fosse stata amata da entrambi, una misteriosa signorina N”)[8]. Anzi, dopo scopriremo che questa stessa donna, messa da Rossetti su un vero piedistallo, dopotutto non era quella che sembrava e ingannò malamente lui, Cuneo e gli altri amici. E lui così si buttò anima e corpo nell’azione politica a trecento sessanta gradi, partendo dalla causa repubblicana di Rio Grande do Sul per puntare poi all’agognato ritorno in Italia con Garibaldi. E’ questo suo sogno era talmente chiaro e ben definito che lo leggiamo e rileggiamo, sempre, in molte sue lettere inviate agli amici.
Passò quindi all’azione giornalistica, poi tornò nuovamente in battaglia, ancora alla segreteria politica della nuova Repubblica Juliana e così via, intervallando sempre le diverse attività di penna e di spada, secondo le esigenze della Repubblica e degli amici che glielo richiedevano. Luigi, devoto com’era, non si tirò mai indietro!
- Arrivo in Sudamerica
Molto di più invece sappiamo, grazie alle recenti ricerche effettuate in questi cinque ultimi anni, dei suoi tredici anni di vita e morte in Brasile. Appena arrivato a Rio de Janeiro nel 1827, abitò in Rua Latoeiros, nell’angolo che forma il Largo do Paços con la strada Dereita nella casa di un altro esule carbonaro, De Luca Carioni. Ecco come appariva quella piazza di Rio, luogo centrale d’incontro di tutti gli sbarcati, qualche anno dopo, nel 1836:
Sempre in questa piazza incontrò il sopraggiunto Garibaldi. E’ molto nota la memoria di quel primo incontro, ben vergato da Garibaldi con queste parole: “gli occhi nostri si incontrarono, e non sembrò per la prima volta, come era realmente. Ci sorridemmo reciprocamente, e fummo fratelli per la vita; per la vita, inseparabili!”.
Tutto iniziò dall’azione militare e navale con Garibaldi. “Io e Rossetti – scrive Garibaldi di questo tanto amato amico – non stavamo nella pelle, finché non ci fossimo gettati sull’oceano con la bandiera repubblicana. Rossetti trovò tutto ciò che occorreva, e mi fu compagno nell’impresa“.
Purtroppo li separò la morte, quella prematura di Rossetti, che per noi italiani fu un vero dramma perché sicuramente sarebbe diventato un grande eroe risorgimentale anche in patria e nella storia delle nostre campagne del 1848-1870. Per il giovane Rossetti questi furono anni durissimi, di vari lavoretti e attività portate avanti con molti sacrifici, spesso grazie proprio alla solidarietà della comunità italiana di Rio, che lui spesso ringraziava e lodava. Ricordava sempre il grande aiuto avuto dagli amici connazionali, che più volte l’hanno salvato dalla fame, e tutto questo lo segnerà profondamente, perché lui allora diventò più altruista e disponibile, sempre e per chicchessia. Cominciò a lavorare nel commercio, affittò una modesta casetta in Rua do Lauro (oggi 7 di Settembre) dove poi trovarono alloggio e primo conforto un gran numero di altri rifugiati italiani. Come già ricordato, fu in questa città che conobbe Cuneo e poco dopo Garibaldi, diventando inseparabili amici e il più importante punto di riferimento per tutti gli esuli italiani che arrivavano da quelle parti. Nella città di Laguna invece aveva iniziato a dare conferenze sui principi della democrazia, prima di approdare alla politica e al giornalismo rivoluzionario. Ribadiamo ora, e con cognizione di causa, certezza di dati e fonti ben definite, che la grandezza di Rossetti va letta esclusivamente in relazione e in funzione dei pochi e intensi anni di vita sudamericana; perché, come già fatto rilevare, non siamo riusciti a ricostruire attendibilmente gli anni della prima gioventù in Italia, cioè fino al momento della sua fuga del 1827. Sappiamo ancor poco dei suoi primi sei o sette anni di primo radicamento in Brasile, fatti di studi e di semplice sopravvivenza, anche se siamo convinti di poter trovare, prima o poi, altre fonti, testimonianze e dati più attendibili; mentre possiamo provare tutto il resto di quel che Rossetti fece dal 1835 fino al giorno della morte (23-24 Novembre 1840). Non solo abbiamo potuto ricostruirlo adeguatamente, ma ora cercheremo di portarlo a conoscenza di tutti gli studiosi per dimostrare quanto importante e decisiva sia stata la vita e la sua opera politica, giornalistica e culturale; intensamente vissuta, giorno e notte e senza risparmio alcuno, per il bene supremo del suo sogno risorgimentale e repubblicano.
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Prima edizione italiana
Gennaio 2010
[1] Giovanni Battista Libero Badarò (1798-1830) fu giornalista, politico e medico. Nato a Laigueglia (Savona), studiò Medicina nell’Università di Torino e Pavia e poi si trasferì a San Paolo in Brasile. Si distaccò nella difesa e propaganda dei principi liberali nella stampa, fondando nel 1829 il giornale O Observador Constitucional, attraverso il quale faceva dure critiche all’autoritarismo dell’imperatore del Portogallo, Don Pedro I, e per questo fu assassinato (da pagg.50-51 del testo di Campagnano Bigazzi: Italianos, historia e memoria de uma comunidade, Companhia Editora Nacional, San Paolo, 2006.
[2] Testuali parole da pagina 17 del libro di Angelo Trento: Do outro lado do Atlantico- um seculo de imigraçao italiana no Brasil, Nobel, São Paulo, 1989.
[3] A tal proposito si veda la ricca bibliografia sulle emigrazioni italiane in Sudamerica, come a esempio quelle da noi spesso citate per il Brasile (Angelo Trento, Campagnano Bigazzi e Franco Cenni) e l’Argentina (Niccolò Cuneo), poi riportate in appendice.
[4] Finalmente siamo riusciti anche a chiarire questo dubbio o dilemma sulla sua effettiva identità e data di nascita, grazie al Comune di Genova che ci ha gentilmente fornito copia del Certificato di Nascita e di Leva (vedasi allegato in Appendice).
[5] Da pagina 74 del testo di Montanelli – Nozza: Garibaldi, Rizzoli Editore, Milano, 1974. Non abbiamo avuto modo di trovare altri riscontri oggettivi sull’affermazione precisa e sicura di Indro Montanelli “Luigi Rossetti, il nipote di Gabriele il poeta”; anche perché nessuno dei due esuli, nelle prove che abbiamo, ha mai parlato dell’altro. Ci sembra poco probabile che Gabriele Rossetti fosse il fratello del padre di Luigi (Domenico), che come possiamo vedere dallo Stato di Famiglia era nato ad Altamura nel 1760, mentre Gabriele era nato a Vasto nel 1783.
[6] Michele Saponaro: Mazzini (voll.1-2), Garzanti Monza, 1945, parlando di Giuseppe Mazzini appena giunto a Londra nel gennaio 1837 afferma testualmente: “poca gente volle conoscere, il meno possibile, specialmente altolocata, e che poca gente lo conoscesse. C’erano ancora i profughi del ’21 – e alcuni, Rossetti, Panizzi, Prandi, avevano acquistato nome e autorità- ma egli non li cercò, poiché da loro si sentì non cercato, né benveduto: erano essi i pionieri e lui il sopraggiunto. L’ultimo ma il capo” (pag.189). Questa dichiarazione di Saponaro si riferisce al solo arrivo di Mazzini in Inghilterra perché poi, come testimonia l’epistolario, Mazzini divenne amico di Gabriele Rossetti, ma stranamente nessuno ha mai messo in contatto Gabriele con Luigi Rossetti in Brasile. Gabriele Pasquale Giuseppe Rossetti (Vasto, 18 febbraio 1783 – Londra, 16 aprile 1854) è stato un poeta, critico letterario e patriota italiano. Dei suoi 4 figli nati a Londra, il più celebre è Dante Gabriel, pittore e poeta pre-romantico molto noto a livello mondiale.
[7] Vedasi anche le notizie ufficiali sulla sua famiglia forniteci gentilmente sempre dal Comune di Genova e riportate tra le tabelle in Appendice (Allegato dello Stato di famiglia).
[8] Da pag. 179 del libro di Candido Salvatore: La rivoluzione riograndense nel carteggio inedito di due giornalisti mazziniani: Luigi Rossetti e G.B. Cuneo (1837-40), Valmartina Editore, Firenze, 1973.